Giuseppe Micunco
Titoli dell'autore
Il Cantico nuovo
La musica e il canto nel Nuovo Testamento
di Giuseppe Micunco
editore: Stilo Editrice
pagine: 124
Il canto nuovo è quello degli uomini nuovi della nuova alleanza inaugurata da Gesù nel suo mistero pasquale. Musica e canto hanno una parte importante nei testi del Nuovo Testamento, non solo quando propriamente parlano in concreto della lode di Dio nella comunità cristiana, ma anche quando i termini del linguaggio musicale sono usati metaforicamente per definire la novità di vita dei credenti in Cristo. L’analisi di una settantina di passi individuati nei Vangeli, negli Atti, nelle Lettere, nell’Apocalisse, condotta esegeticamente nel contesto della tradizione musicale ebraica e di quella greca, mette in luce una prima comunità che canta nella gioia la Pasqua del Signore, e può costituire un prezioso riferimento per il canto delle nostre assemblee liturgiche.
Saffo e la lirica monodica
La cosa più bella
editore: Stilo Editrice
pagine: 110
Nella mutata situazione socio-politica, determinata dalla seconda colonizzazione (VII-VI sec. a.C.), nasce una nuova poesia che ci attesta una ricerca di motivazioni, di riflessione, di senso. Questo lavoro ricostruisce la lirica del ‘canto a solo’ intorno all’interrogativo posto da Saffo (ma che è anche degli altri poeti) circa ‘la cosa più bella’, quella che rende la vita degna di essere vissuta, che sia l’eros del bello, l’amore e l’amicizia, la giovinezza, la forte sopportazione, il vino e la lotta politica, la poesia stessa. Non conta più la comune opinione di una società che metteva al primo posto l’aretè, il valore guerriero, la gloria delle armi, per cui ideale supremo era morire in battaglia, magari per mano di un valoroso eroe… Conta la vita personale di Saffo, conta l’uomo, ogni uomo, con tutte le sue passioni e debolezze.
Canta chi ama
La musica e il canto in sant’Agostino
di Giuseppe Micunco
editore: Stilo Editrice
pagine: 144
In un’epoca come la nostra, in cui di musica se ne produce e se ne consuma tanta, ma in cui sulla musica poco si riflette, questo lavoro si propone di conoscere a riguardo il pensiero di un grande teologo, esegeta e pastore come sant’Agostino. La musica e il canto sono per lui espressione di un ordine più grande che, proprio la musica e il canto, quelli in particolare della comunità cristiana, permettono, attraverso l’armonia di voci e strumenti, di scoprire e di riprodurre, fino ad arrivare a Colui che tutto ordina con sapienza e amore. Una ricca antologia di testi permette di entrare nella sapienzialità di Agostino, nel ‘canto nuovo’ che nasce dalla Scrittura e dall’amore: «Canta chi ama».
Esiodo. Le opere
Il lavoro e la giustizia
editore: Stilo Editrice
pagine: 62
Esiodo riparte nella sua nuova opera dal punto di arrivo della Teogonia, da Zeus. Il lavoro è la ‘parte’ assegnata da Zeus all’uomo, è il peso che deve portare, ma anche la sua grandezza. L’esaltazione del lavoro, unita al dovere strettamente connesso di rispettare la giustizia, rappresenta la nuova conquista della civiltà occidentale.
Esiodo. Teogonia
Dal chàos al kòsmos
di Giuseppe Micunco
editore: Stilo Editrice
pagine: 62
Nella Teogonia Esiodo, nel ricostruire in modo sistematico le origini degli dèi, propone un percorso che va dal chàos al kòsmos, dal ‘disordine’ all’ordine. Lo fa ancora nella lingua, nello stile e nell’esametro dell’epica e, in qualche modo, in continuità con i punti fermi messi dai poemi omerici, alla ricerca di elementi saldi di civiltà. Un cammino dal disordine all’ordine, è, in fondo, un cammino dall’irrazionale al razionale, dall’‘ira’ disordinata, se così si può chiamare, degli elementi primordiali, alla ‘pietà’ ordinatrice di Zeus e all’umanità dell’uomo.
Inni omerici
Gli dèi
editore: Stilo Editrice
pagine: 94
I Greci sono stati un popolo laico, caso unico, si può dire, nel mondo antico: non hanno avuto libri sacri, né caste sacerdotali. Hanno avuto contatti con realtà religiose diverse e le hanno razionalizzate; hanno cercato nella loro riflessione, più filosofica che teologica, di ‘sistemare’ organicamente i poteri delle varie divinità, purificando una concezione teologica troppo antropomorfica e rendendo gli dèi nello stesso tempo sempre più nobili, ma anche sempre più vicini.
Omero. Odissea
L'uomo che conobbe
editore: Stilo Editrice
pagine: 86
Odìsseo impara a sue spese che il conoscere si lega strettamente al soffrire: soddisfare il desiderio di conoscere costa sofferenza e il sapere aumenta il soffrire. Questo binomio conoscere/soffrire è la nuova fondamentale acquisizione del poeta dell’Odissea, ma anche del pensiero greco e di tutta la cultura occidentale. Ed è un’acquisizione che segna un altro punto fermo rispetto, non solo alla civiltà guerresca dell’Iliade, ma anche a visioni della vita ormai indegne di un uomo che voglia veramente e pienamente essere tale e che si caratterizza, invece, soprattutto e prima di tutto, per la sua razionalità.
Omero. Iliade
L'ira di Achille
editore: Stilo Editrice
pagine: 62
Attraverso l’analisi e il commento di alcuni passi scelti, l’autore ci aiuta a rileggere l’opera di Omero cogliendone quei significati profondi in cui classicità e modermità si incontrano. Il poeta greco, infatti, pur nella grande ricchezza, di racconti, di imprese, di personaggi, ha una chiara proposta culturale: nel confronto tra l’ira folle e feroce dell’eroe greco e l’umanità di Ettore, tra l’irrazionale e il razionale, tra cultura guerriera e cultura di pace, propone di mettersi alle spalle un mondo regolato dall’istinto guerresco per trovare una nuova misura della vita. Le passioni, le guerre, dolore e tristezza, continueranno ad affliggere gli uomini, ma la possibilità che l’ira possa trovare una misura, essere razionalizzata da leggi di umana pietà, essere illuminata da ragioni di civiltà (e in tutto questo la poesia riveste un ruolo importante) è la nuova frontiera che l’Iliade apre in maniera irreversibile all’Occidente.
Inno in onore della passione del beatissimo martire Lorenzo
di Aurelio Clemente Prudenzio
editore: Stilo Editrice
pagine: 112
L’inno di Prudenzio è stato scritto in un’epoca (IV-V sec.) di crisi culturale e religiosa, di travagliato passaggio da un mondo, quello romano, ricco di tanti valori, ma ormai in decadenza, alla nuova civiltà cristiana. Leggerlo ci può servire a operare un discernimento tra veri e falsi valori nell’attuale temperie culturale di fine millennio. Prudenzio non condanna moralisticamente la Roma pagana, ma vede, anzi, in essa l’attuarsi del piano provvidenziale di Dio in vista della salvezza del mondo e mostra come è possibile instaurare un proficuo dialogo tra culture diverse. Prudenzio fa questa proposta religiosa e culturale attraverso la splendida figura del diacono Lorenzo, un giovane “romano” e cristiano, fedele a Cristo e alla Chiesa, ma, insieme, preoccupato anche del bene dell’imperatore e dei Romani che ancora non credono. Il testo mette al centro i poveri, vero tesoro della Chiesa: i poveri dovrebbero essere, sembra dire Prudenzio, anche il vero tesoro dello Stato, che spesso, invece, proprio sulla pelle dei poveri fonda il proprio benessere. Il messaggio del poeta è, dunque, non solo evangelico, ma anche civile e sociale. Prudenzio è convinto che anche la poesia debba avere piena cittadinanza nella “casa del Padre” e ritiene che la sua vocazione di cristiano sia quella di celebrare le meraviglie che Dio opera nella storia attraverso la poesia e attraverso il bello.